La Corte europea dei diritti umani di Strasburgo ha condannato l’Italia per il respingimento verso la Libia di 24 persone. Violato l’articolo 3 della Convenzione sui diritti umani. Antonio Martino
«Una sentenza storica che sancisce definitivamente l’illegalità dei respingimenti di migrati in mare»: è quanto sottolinea l’avvocato Andrea Saccucci dell’Unione forense per la tutela dei diritti umani commentando la sentenza della Corte europea dei diritti umani di Strasburgo che questa mattina ha condannato l’Italia per la pratica dei “respingimenti” verso la Libia. La Corte è intervenuta sul cosiddetto caso Hirsi, che riguardava 24 persone respinte il 6 maggio del 2009 dalla nostra Guardia costiera, senza che venisse in particolare rispettato nei loro confronti l’articolo 3 della Convenzione sui diritti umani, quello sui trattamenti degradanti e la tortura.
La Corte ha inoltre stabilito che l’Italia ha violato il divieto alle espulsioni collettive, oltre al diritto effettivo per le vittime di fare ricorso presso i tribunali italiani. L’Italia è stata condannata a versare un risarcimento di 15mila euro più le spese a 22 delle 24 vittime, in quanto due dei ricorrenti sono nel frattempo deceduti. I legali dei ricorrenti, lo stesso avv. Saccucci e l’avv. Anton Giulio Lana, hanno invece rinunciato alla refusione delle spese di lite, chiedendo soltanto il rimborso dei costi sostenuti per partecipare all’udienza che si è svolta a Strasburgo il 22 giugno 2011.
Come ha ricordato nei giorni scorsi il Consiglio italiano per i rifugiati (Cir), il 6 maggio 2009 a 35 miglia a sud di Lampedusa, in acque internazionali, le autorità italiane hanno intercettato una nave con a bordo circa 200 persone di nazionalità somala ed eritrea (tra cui bambini e donne in stato di gravidanza). I migranti sono stati trasbordati su imbarcazioni italiane e riaccompagnati a Tripoli contro la loro volontà, senza essere prima identificati, ascoltati né preventivamente informati sulla loro effettiva destinazione. I migranti non hanno avuto alcuna possibilità di presentare richiesta di protezione internazionale in Italia. Di questi 200 migranti, 24 persone (11 somali e 13 eritrei) sono state rintracciate e assistite in Libia dal Cir. È stato lo stesso Consiglio ad incaricare gli avvocati Anton Giulio Lana e Andrea Saccucci dell’Unione forense per la tutela dei diritti umani di presentare ricorso dinanzi alla Corte europea dei diritti dell’uomo.
Con questa sentenza, «i migranti che si dirigono verso le nostre coste, se intercettati, non potranno più essere respinti in mare, ma dovranno essere identificati e accompagnati sul suolo italiano, dando così loro la possibilità di chiedere il riconoscimento del loro eventuale status di rifugiati o di altre forme di protezione internazionale» è quanto ci dice l’avv. Saccucci. «Ciò implica, di fatto, l’illegittimità delle direttive di ordine amministrativo sul trattamento dei migrati in arrivo in particolare dalle coste libiche, emanate a seguito degli accordi bilaterali e del trattato di amicizia italo-libico siglati dall’allora Governo Berlusconi». Ignorando, ricorda l’avv. Saccucci, che in Libia, come in altri paese di provenienza o transito dei migrati, «essi rischiavano e rischiano ancora oggi la morte o comunque forme di violazione dei loro diritti umani».
A causa di questa politica, negli ultimi due anni, secondo le stime dell’Unhcr, circa mille migranti, incluse donne e bambini, sono stati intercettati dalla Guardia costiera italiana e forzatamente respinti in Libia senza che prima fossero verificati i loro bisogni di protezione.
Guardando al futuro la sentenza della Corte europea dei diritti umani di Strasburgo ha, per l’avvocato Saccucci, una chiara indicazione di ordine politico: «L’Italia e l’Europa tutta dovranno rimodellare la loro politica per l’immigrazione e le relative norme, garantendo la possibilità a ciascun migrante che bussa alle porte dell’Unione di essere riconosciuto per individuarne la condizione. E soprattutto senza essere rimandato in Paesi dove i diritti umani non sono garantiti pienamente».